SPOILER
Titolo: Middlesex
Autore: Jeffrey Eugenides
Anno di pubblicazione: 2002
(preso da
www.internetbookshop.it)
Vincitore del premio Pulitzer 2003, Jeffrey Eugenides conferma con Middlesex la diffusa tendenza della letteratura angloamericana a rinnegare la destrutturazione formale modernista e la lezione minimalista. Il giovane scrittore greco-americano si riappropria del gusto del racconto, dimostrando una illimitata fiducia nel potere espressivo della parola. Questo suo secondo romanzo (uscito a distanza di dieci anni da Le vergini suicide, Mondadori, 1999) ha un impianto piuttosto tradizionale, dove epica e realismo si intersecano in una prosa ricca e flessuosa, capace di coniugare tragico e comico. Il narratore ermafrodita, sebbene parli in prima persona, viene dotato di un incredibile onniscienza: sa tutto, rassicura il lettore trovando sempre una risposta ai suoi possibili interrogativi, e lo avverte premurosamente ogniqualvolta le lancette del tempo della finzione fanno un balzo in avanti o all'indietro.
Nata bambina nel 1960 a Detroit, e rinata maschio adolescente al pronto soccorso a Petoskey nel 1974, Calliope, e in seguito Cal Stephanides, è un narratore spiritoso ed eccentrico che per alcuni versi ricorda Holden Caulfield e per altri Tristram Shandy. Ormai quarantenne, diplomatico a Berlino, si presenta al lettore nel giro di una pagina e poi, invece di raccontare la sua storia dall'inizio, fa un balzo all'indietro ai tempi in cui ancora nuotava nel liquido amniotico. Dopo aver osservato divertito i tentativi di nonna Desdemona di indovinare il suo sesso dalle oscillazioni di un cucchiaio d'argento pendolante sul ventre della madre, Callie fa un ulteriore salto a ritroso nel tempo e nello spazio e fa approdare il racconto a Bitinio, un paesetto conteso da greci e turchi negli anni venti. Non contento delle teorie genetiche che spiegano il suo caso con la recessione del quinto cromosoma, e segretamente fedele ai tragici greci, Callie ricostruisce l'epica della sua famiglia nel tentativo di far risalire il suo destino alle colpe dei padri. Così la narrazione scorre sulla fuga di Desdemona e di suo fratello Lefty dall'incendio di Smirne, si sofferma sui costumi della comunità greco ortodossa trapiantata nel Midwest. La saga familiare si intreccia con la storia statunitense, dalla miseria della Depressione alle stramberie della new age, e racconta le iniziali idiosincrasie tra due opposte culture e il graduale processo di "ibridazione" degli Stephanides. Nonno Lefty ricrea un po' di Grecia nel suo buffo Zebra Bar per poi diventare proprietario della catena Hercules Hot Dog. Il sogno americano è raccontato con tono eroicomico e i tic dei personaggi sono trattati con un benevolo "neosentimentalismo" sterniano.
Quel che sorprende in Eugenides è la sua impermeabilità al pensiero negativo. I momenti più tragici della vicenda sono sdrammatizzati da una battuta comica o da un bizzarro gioco verbale. Tuttavia l'esuberanza narrativa rischia spesso di trasformarsi in ridondanza, la giostra di avvenimenti soffoca lo sviluppo in profondità dei personaggi che a volte rasentano il macchiettismo, mettendo alla prova la pazienza del lettore. Peccati perdonabili in un giovane scrittore dotato di una straordinaria forza inventiva e di un sorprendente acrobatismo linguistico che gli permette di creare metafore inconsuete, paradossi inattesi, doppi sensi infiniti in una vera e propria festa della parola.
Edited by deborah mayfair - 22/6/2006, 15:31